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LA SPIRITUALITA' UCIMINA
CONSULENTE ECCLESIASTICO SEZIONALE
Mons. Giuseppe Scigliano -
La formazione spirituale del Docente cattolico di Vittoria Fiorentino Consigliere Nazionale UCIIM Ferma restando nella nostra “mission” educativa la centralità della persona che, come diritto sussistente, è sacra e inviolabile, dovremmo rivolgere l’attenzione ai giovani colleghi perché seguano l’esperienza di fede e di impegno nella professione educativoscolastica che abbiamo ereditato dal nostro fondatore. Il desiderio per gli anni avvenire, pur riconoscendo il notevole contributo in termini di esperienza dei soci in quiescenza, sarebbe quello di una “UCIIM giovane per i giovani”, che hanno bisogno di formazione, guida e assistenza parasindacale, la quale da un po’ di tempo è venuta meno nella nostra associazione. L’UCIIM da sempre ha operato nella scuola per la scuola, difendendo i valori della cultura, della libertà e della democrazia, nella quale siamo tutti impegnati non solo come cittadini aventi certi diritti e doveri, ma anche come uomini che debbono ispirarsi a un certo modo di vivere e di comportarsi con se stessi e con gli altri. Consapevoli delle grandi emergenze, dei veri cancri della nostra società, l’Uciim deve far sentire sempre più la sua voce perché la scuola eserciti il suo ruolo per la cittadinanza attiva e democratica con la diffusione a livello di massa della cultura della legalità. Consapevoli che la scuola italiana è penalizzata nei confronti internazionali da divari socioculturali e territoriali, inaccettabili in un Paese avanzato, dobbiamo perseverare sulla via di una “educazione continua” che consenta di collocare l’educazione al cuore della società per collocare ciascuno al cuore del cambiamento delle strutture della vita. Dobbiamo investire sulla costruzione di una nuova cultura europea insieme all’intera comunità educante, agli Enti locali, alle organizzazioni della società civile e ai media. Ciò in virtù del fatto che si avverte il bisogno di un cambiamento di rotta nel sistema educativo che va riadattato al nostro tempo tecnologicamente ad alto scambio comunicativo nel quale, risultando inadeguato il modello educativo corrente, il docente deve tracciare una linea pedagogica alternativa in una dinamica dialogica con l’altro e con il mondo. A tal fine, per chi lavora nella scuola è diventata indispensabile la digitalizzazione. Paradossale, infatti, è la situazione in cui si trova l’Italia che ha enormi competenze e talenti, ma solo pochi posseggono una cultura digitale. I più, invece, si lasciano trascinare da un senso di frustrazione che impedisce loro di collaborare internazionalmente con realtà lontane e diverse. Chi non ha cultura digitale oggi è tagliato fuori da tante opportunità (corsi di formazione a distanza, utilizzo di programmi di presentazione ecc.), che promuovono l’accesso alla cultura in generale. In riferimento ai rapporti con le Istituzioni, bisogna continuare a essere incisivi presso il MIUR e presso la CHIESA perché insieme possiamo essere attenti alle esigenze territoriali ed interculturali a favore di una cultura comune che, senza snaturare le radici e le tradizioni dei popoli, ne riconosca la varietà e fecondità, proiettandole in contesti più ampi, globalizzati, quali l’Europa e il mondo. Sarebbe opportuno, poi, rivedere l’accordo tra Chiesa e Miur in merito alla assegnazione dei docenti IRC alle scuole, particolarmente quelle primarie, affinché i docenti siano in possesso di titoli e competenze pedagogiche. Inoltre, in linea con le Indicazioni Nazionali e con la L. 107/2015, i docenti di ogni ordine dovrebbero formarsi costantemente sulle nuove linee pedagogiche, ad es. apprendimento cooperativo e per competenze. (Sarebbe auspicabile che i docenti, particolarmente di scuola sec. di I e II grado, riscoprano la originaria motivazione all’insegnamento). La scuola, poi, dovrebbe essere guidata da dirigenti capaci di dominare i processi di formazione dei docenti, di apprendimento e formazione degli alunni attraverso competenze in materia didattico-pedagogica oltre che gestionale. La scuola, infine, non può e non deve essere autoreferenziale, ma deve ravvisare nel confronto anche con esperti esterni una opportunità di crescita e miglioramento.
PER ASCOLTARE, IMPARARE E CANTARE
LA PAROLA DEL PAPA - L'EMERGENZA EDUCATIVA ... Il problema dell'educazione. Abbiamo tutti a cuore il bene delle persone che amiamo, in particolare dei nostri bambini, adolescenti e giovani. Sappiamo infatti che da loro dipende il futuro di questa nostra città. Non possiamo dunque non essere solleciti per la formazione delle nuove generazioni, per la loro capacità di orientarsi nella vita e di discernere il bene dal male, per la loro salute non soltanto fisica ma anche morale. Educare però non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande "emergenza educativa", confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita. Viene spontaneo, allora, incolpare le nuove generazioni, come se i bambini che nascono oggi fossero diversi da quelli che nascevano nel passato. Si parla inoltre di una "frattura fra le generazioni", che certamente esiste e pesa, ma che è l'effetto, piuttosto che la causa, della mancata trasmissione di certezze e di valori. Dobbiamo dunque dare la colpa agli adulti di oggi, che non sarebbero più capaci di educare? E' forte certamente, sia tra i genitori che tra gli insegnanti e in genere tra gli educatori, la tentazione di rinunciare, e ancor prima il rischio di non comprendere nemmeno quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata. In realtà, sono in questione non soltanto le responsabilità personali degli adulti o dei giovani, che pur esistono e non devono essere nascoste, ma anche un'atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Diventa difficile, allora, trasmettere da una generazione all'altra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita. ... Non temete! Tutte queste difficoltà, infatti, non sono insormontabili. ... Quando però sono scosse le fondamenta e vengono a mancare le certezze essenziali, il bisogno di quei valori torna a farsi sentire in modo impellente: così, in concreto, aumenta oggi la domanda di un'educazione che sia davvero tale. La chiedono i genitori, preoccupati e spesso angosciati per il futuro dei propri figli; la chiedono tanti insegnanti, che vivono la triste esperienza del degrado delle loro scuole; la chiede la società nel suo complesso, che vede messe in dubbio le basi stesse della convivenza; la chiedono nel loro intimo gli stessi ragazzi e giovani, che non vogliono essere lasciati soli di fronte alle sfide della vita. Chi crede in Gesù Cristo ha poi un ulteriore e più forte motivo per non avere paura: sa infatti che Dio non ci abbandona, che il suo amore ci raggiunge là dove siamo e così come siamo, con le nostre miserie e debolezze, per offrirci una nuova possibilità di bene. Cari fratelli e sorelle, per rendere più concrete queste mie riflessioni, può essere utile individuare alcune esigenze comuni di un'autentica educazione. Essa ha bisogno anzitutto di quella vicinanza e di quella fiducia che nascono dall'amore: penso a quella prima e fondamentale esperienza dell'amore che i bambini fanno, o almeno dovrebbero fare, con i loro genitori. Ma ogni vero educatore sa che per educare deve donare qualcosa di se stesso e che soltanto così può aiutare i suoi allievi a superare gli egoismi e a diventare a loro volta capaci di autentico amore. Arriviamo così, cari amici di Roma, al punto forse più delicato dell'opera educativa: trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina. Senza regole di comportamento e di vita, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, non si forma il carattere e non si viene preparati ad affrontare le prove che non mancheranno in futuro. Il rapporto educativo è però anzitutto l'incontro di due libertà e l'educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà. Man mano che il bambino cresce, diventa un adolescente e poi un giovane; dobbiamo dunque accettare il rischio della libertà, rimanendo sempre attenti ad aiutarlo a correggere idee e scelte sbagliate. Quello che invece non dobbiamo mai fare è assecondarlo negli errori, fingere di non vederli, o peggio condividerli, come se fossero le nuove frontiere del progresso umano. L'educazione non può dunque fare a meno di quell'autorevolezza che rende credibile l'esercizio dell'autorità. Essa è frutto di esperienza e competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, espressione dell'amore vero. L'educatore è quindi un testimone della verità e del bene: certo, anch'egli è fragile e può mancare, ma cercherà sempre di nuovo di mettersi in sintonia con la sua missione. ... Non posso dunque terminare questa lettera senza un caldo invito a porre in Dio la nostra speranza. Solo Lui è la speranza che resiste a tutte le delusioni; solo il suo amore non può essere distrutto dalla morte; solo la sua giustizia e la sua misericordia possono risanare le ingiustizie e ricompensare le sofferenze subite. La speranza che si rivolge a Dio non è mai speranza solo per me, è sempre anche speranza per gli altri: non ci isola, ma ci rende solidali nel bene, ci stimola ad educarci reciprocamente alla verità e all'amore. ... Dal Vaticano, 21 gennaio 2008 BENEDICTUS PP. XVI
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Sezione UCIIM di Mirto-Rossano (CS) |